martedì 26 settembre 2023

PASTA CON TENERUMI E FRUTTI DI MARE.

 



Cimentati a preparare una ricetta inconsueta derivata da una pietanza tipica palermitana.

Pasta coi tenerumi e frutti di mare

Ingredienti per 4 persone

300 g fasolari
200 g 
vongole
200 g cozze 
150 gr di ciliegino
100 g gambero rosso locale
50 g burro 
40 g parmigiano  
20 ml vino bianco
2 carote 
coste di sedano 
cipolla  1,5 l di acqua
1 zucchina lunga estiva 
1 mazzo di tenerumi (foglie della zucchina)
1 cipolla bionda
1 testa di aglio
prezzemolo fresco
aglio
vino bianco secco
olio extravergine di oliva
sale.

Procedimento a cinque stelle

Tagliate la cipolla a julienne e rosolare per bene, aggiungere zucchina e ciliegino precedentemente tagliati, stufate leggermente ed aggiungere del brodo vegetale. Aggiungete le foglie della zucchina (tenerumi) portando tutto a cottura.

Per il brodo vegetale:

Pulite per bene sedano, carota e cipolla, ponetele in una casseruola con acqua fredda e portate a bollore per un paio di minuti. Filtrare e fate raffreddare.

Aprite separatamente tutti i frutti di mare; rosolate con un filo d’olio extra vergine d’oliva, uno spicchio d’aglio e del prezzemolo, aggiungete il frutto di mare, rosolare leggermente e sfumate con un goccio di vino bianco, con un coperchio chiudere la casseruola, finché il frutto di mare non risulti aperto. Ripetete lo stesso procedimento per tutte le tipologie di frutti di mare. Una volta aperti, ricavate con cura il frutto dai gusci, prestando attenzione a salvaguardare l’acqua ricavata dalle vongole, che servirà in seguito per la cottura della pasta risottata.

Per la pasta risottata:

In una casseruola, aggiungete lo scalogno precedentemente tritato finemente, olio extra vergine d’oliva, un pizzico di sale e pepe e far rosolare. Iniziare a fate tostare leggermente, come fosse un risotto, sfumare con del vino bianco, fate evaporare la parte alcolica e procedere aggiungendo il brodo vegetale e pian piano un po’ di acqua di vongole, per dare sapore e sapidità. A metà cottura, unite il composto coi tenerumi, così da far insaporire la pasta risottata. Passato il tempo di cottura della pasta, circa 12 minuti, portate via la casseruola dal fuoco, aggiungete il burro ed il Parmigiano, una grattata di pepe ed una parte dei frutti di mare, avendo cura di tenerne da parte alcuni per guarnire il piatto, ed iniziate a mantecare fino a raggiungere la giusta cremosità.
In un piatto fondo, posizionate la pasta risottata con cura, aggiungete il gambero crudo ed i frutti di mare precedentemente scaldati per guarnire.

Le immagini sono della presentazione del piatto.

 

 

 

giovedì 21 settembre 2023

PAPRICA.

 




La pàprica è una spezia ottenuta dal peperone dolce o piccante che, messo a essiccare dopo essere stato liberato dalla parte interna bianca, viene macinato fino a ottenere una polvere. È conosciuta anche con i nomi di pepe rosso, pimento rosso, capsico. 

Paprica e peperoncino non sono la stessa cosa

Nelle nostre dispense le abbiamo quasi sempre entrambe e capita spesso di utilizzarle indistintamente. Esteriormente sembrano assomigliarsi, eppure paprica e peperoncino essiccato non sono la stessa cosa.

La paprica (o paprika, come si dice in ungherese, dove il termine indica anche il peperone come ortaggio) è una spezia preparata essiccando e riducendo in polvere il peperoncino, che può avere un diverso grado di piccantezza a seconda della varietà scelta. La più apprezzata per la paprica è la Capsicum Anuum: il peperoncino viene privato della parte bianca interna e dei semi, poi viene tagliato, essiccato al sole e infine polverizzato.

Come dicevo, il risultato può variare in base alla tipologia di peperoncino e al processo di lavorazione: ad esempio, la paprica piccante si differenzia da quella dolce perché i peperoni vengono macinati senza essere privati dei filamenti interni ai quali sono attaccati i semi, dove si concentra la capsaicina, sostanza responsabile della piccantezza. Quindi, a differenza di quello che si crede, la paprica non è sempre piccante, bensì può essere dolce, semi-dolce, forte o affumicata (quest'ultima viene utilizzata soprattutto in Spagna (pimenton), dalla paella al polpo alla galiziana, fino al chorizo).

Per questo motivo la paprica non può sostituire così facilmente il peperoncino, fresco o essiccato che sia: in genere la paprica ha un gusto deciso, che interviene notevolmente sul sapore degli ingredienti, mentre il peperoncino è più neutro e si usa per conferire la nota piccante, senza alterare gli aromi.

Ti svelo un mio segreto.

ESALTA IL SAPORE DEL SUGO DI POMODORO

Un cucchiaino colmo di paprica dolce, aggiunto in cottura al sugo di pomodoro, lo scurisce rendendolo di un rosso tendente all’amaranto, lo rende più denso e soprattutto … ne esalta il sapore.

 

 

 

mercoledì 6 settembre 2023

Forse non sai che in Sicilia c'è la tomba di un gigante: dov'è questo luogo (leggendario)

 



A seguire l’articolo di Livio Grasso Archeologo

<< Sulla strada per Sagana è ben visibile un sarcofago di grandissime dimensioni. Secondo racconti popolari, era stato "foggiato" per l'eterno riposo di un'enorme creatura.

Un tempo, secondo antiche leggende, la Sicilia fu popolata da enormi e temibili creature. Si tratta dei cosiddetti giganti, protagonisti di innumerevoli racconti mitici. Alcune fonti rilasciano svariate notizie sulla possibile esistenza di questi uomini mastodontici.

A tal riguardo, si vocifera che nel 1527 furono rinvenute delle enormi ossa in diverse grotte del Monte Grifone; la località rientra nel versante territoriale di Palermo.

Tale ritrovamento indusse gli studiosi a compiere delle ricerche sempre più approfondite e dettagliate in relazione alla civiltà dei giganti.

Basti pensare allo storico Antonio Mongitore che, nell’opera intitolata "Della Sicilia ricercata nelle cose più memorabili", riportava molteplici informazioni sulla presenza delle ossa dei giganti in vari luoghi siciliani. Oltre a ciò egli dichiarava di aver visitato personalmente la spelonca di Maredolce.

Qui, a suo dire, un certo Paolo Lentini individuò il cadavere di un gigante alto 18 cubiti (circa otto metri). A partire da allora l’area fu assiduamente frequentata da numerosi visitatori, attratti dalla sensazionale scoperta. Ciò, al contempo, incentivò a ritenere che i giganti fossero i primi abitatori dell’isola.

Dello stesso avviso erano persino il filosofo Empedocle, vissuto nel V secolo a.C., e il noto Giovanni Boccaccio.

Entrambi, infatti, affermavano che i giganti abitavano negli antri costieri siciliani. Nei primi decenni dell’Ottocento, la questione fu sottoposta a delle analisi minuziose e accurate; accertare la veridicità dei fatti raccontati rientrò tra gli obiettivi prioritari della ricerca.

Ben presto, precisamente nel 1831, le indagini confermarono che i resti ossei appartenevano ad animali di epoca preistorica: cervi, ippopotami ed elefanti.

Dello stesso avviso erano persino il filosofo Empedocle, vissuto nel V secolo a.C., e il noto Giovanni Boccaccio.

Entrambi, infatti, affermavano che i giganti abitavano negli antri costieri siciliani. Nei primi decenni dell’Ottocento, la questione fu sottoposta a delle analisi minuziose e accurate; accertare la veridicità dei fatti raccontati rientrò tra gli obiettivi prioritari della ricerca.

Ben presto, precisamente nel 1831, le indagini confermarono che i resti ossei appartenevano ad animali di epoca preistorica: cervi, ippopotami ed elefanti.

Da quel che si vocifera, l’arcano fu risolto dal brillante e talentuoso abate Domenico Scinà. Nel 1867, invece, Gaetano Giorgio Gemmellaro risalì all’identificazione delle suddette specie effettuando uno studio anatomico e morfologico delle ossa. Allo stato attuale, esse sono conservate presso il Museo Gemmellaro della città palermitana. I fossili rinvenuti risalgono a circa 200.000 anni addietro.

A quel periodo, come attestato dalla scienza, la terra siciliana pullulava di elefanti, ippopotami, cervi, daini, lupi, cinghiali e orsi. Ad ogni modo, il mistero sull’esistenza dei giganti in Sicilia non appare del tutto chiarito.

Nella frazione di Sagana, sita nel territorio di Monreale, è ben visibile un sarcofago di grandissime dimensioni.

I ricercatori, non appena localizzato, hanno indagato sulle origini storiche del complesso tombale. Prestando fede alle testimonianze popolari, esso era stato "foggiato" per contenere le spoglie di un vero e proprio gigante.

Di converso, altri sostengono che fu realizzata per seppellire un guerriero saraceno di nobili origini. Purtroppo, la carenza di indizi sul reperto non consente di giungere ad alcuna conclusione esaustiva.

Ulteriori teorie, in aggiunta, ipotizzano che il sepolcro custodiva la salma di un patrizio romano. In ogni caso, ad oggi, i più credono che sia un cenotafio. Ovvero un monumento sepolcrale che, nell’antichità, veniva eretto per commemorare una persona od un gruppo di persone sepolte altrove.

In definitiva, il monumento funebre di Sagana è un enigma che pone una serie di interrogativi difficilmente risolvibili. Pertanto, la formulazione di un giudizio scientifico e risolutivo non è al momento proponibile. <<

Osservando da vicino quel sarcofago, situato proprio a pochi metri dalla strada, ho notato che è stato sicuramente violato. Alcuni dei blocchi di tufo, con cui sembra costituito, sono stati rimossi e poi rimessi a posto chiudendo le fessure con del materiale di colore leggermente diverso da quello del tufo. La manomissione è chiaramente evidente. Nessuno sa nulla di tale violazione o cosa abbia scoperto.

I segni dell’erosione farebbero risalire la sua costruzione ad un paio di millenni fa, al tempo degli antichi romani.

Le abitazioni della frazione Sagana distano parecchio ed ancor più Monreale, mentre l’area dove sorge il sarcofago è oggi praticamente disabitata, il sarcofago fu quindi edificato in mezzo al nulla.