La regina delle ricette romane, semplice e con pochi ingredienti ma che riesce da sempre ad infiammare gli animi oltre che tutti i palati.
Carbonara, solo il nome ci mette fame, ci fa tornare alla mente le piccole trattorie di Trastevere, quelle con i tavolini sul ciglio della strada, quelle che quando ci passi davanti scorgi graziosi donnine che impastano. Un clima caldo che ti avvolge: c’è sapore di storia nelle vie di Roma, di romanticismo, tutto quello che si racchiude in un perfetto boccone di pasta alla carbonara.
Ma la sua storia qual è?
Si dice che fosse il piatto
dei boscaioli del centro Italia che si avventuravano tra le montagne
dell’Appennino a fare carbone da legna. In effetti carbone e carbonara,
siamo lì. Ma la narrazione più accreditata è quella che deriva dalla leggenda dell’oste
romano che con un simpatico estro attribuì al suo piatto il nome del suo
vecchio lavoro: il carbonaio. Il risultato fu un primo fatale incontro tra
la pasta, guanciale e uova fresche.
Il guanciale, ovviamente,
ingrediente fondamentale. Non fidatevi mai di chi vi propone un’alternativa:
un’offesa per i romani. Pancetta e bacon assolutamente da eliminare. All'uso
del bacon si concede però un'attenuante storica: sembra sia stato introdotto
nei condimenti della pasta dai soldati americani alleati che, impegnati durante
la Seconda guerra mondiale sulla linea Reinhard, tra Lazio, Molise e Campania,
ebbero l’opportunità di assaggiare e affezionarsi alla tipica pasta
“Cacio e ova” abruzzese, cui vollero contribuire con il loro prodotto tipico.
"You fare spaghetti”, fu questa la frase fatidica che scatenò questa
mescolanza italo americana, dove il loro amato bacon venne inserito
dappertutto.
“Scusi un momento, senta un pò,
ma lei sa fare gli spaghetti alla carbonara?”. Diceva Aldo Fabrizi nella
famosa commedia Cameriera bella presenza offresi…, ma sì che
la sapete fare, però magari non sapete bene quale pasta migliore possa far fare
faville. Spaghetti e rigatoni sono i più ambiti. Gli spaghetti
ovviamente meglio se trafilati al bronzo, poiché è questo che li rende più
adatti a trattenere il condimento e quelli prescelti per farla in casa. Però i
rigatoni sono considerati un classico, perché il condimento si va a nascondere
nelle volte la pasta, donando quel sapore inimitabile.
Chiariamo subito. Pecorino e
non il parmigiano come in tanti fanno. E non uno qualunque: per la carbonara
Doc ci vuole il Pecorino Romano Dop.
Ma oltre alla classica quante altre versioni
conoscete?
Con buona pace dei puristi,
della carbonara esistono infinite varianti (anche -ahinoi- con la panna
mescolata al condimento di uova): la carbonara vegetariana, con piselli e
fagiolini o quella con le zucchine. Ah non è finita, perché c'è chi la
prepara con il pesce: la carbonara marina, infatti, ha un suo pubblico di
intenditori.
Questione di tecnica
E qui veniamo alla tecnica,
tema su cui ha voluto dilungarsi addirittura il New York Times,
attribuendo così alla carbonara un'identità a stelle e strisce. Ovviamente la
freschezza degli ingredienti è fondamentale. Le uova devono essere a
temperatura ambiente e devono subire solamente una cottura rapidissima quando
vengono a contatto con la pasta molto calda. La rosolatura del guanciale, invece,
non vuole olio o burro poiché provvede già autonomamente a rilasciare il grasso
(che va utilizzato), la pasta va fatta passare prima nella padella
dove giace il guanciale rosolato (oggi va di moda che sia croccante, ma le
mode passano) e solo dopo va unita al misto uova e formaggio. Questo
è il passaggio fondamentale, riassunto in un ardito equilibrismo e in un
movimento repentino. Si unisce infatti alla pasta il composto di tuorli e
formaggio, amalgamando velocemente: la padella ancora tiepida e la pasta calda
cuociono leggermente le uova rendendole cremose. Attenzione a non farle
coagulare e fargli prendere le sembianze di un uovo strapazzato, altrimenti è
fatta.
E il pepe nero?
Nella versione classica non c’è
pepe nero. Ma secondo me ha il suo peso, dovrà essere macinato al momento,
tostato e aggiunto nella fase finale della preparazione. Esattamente come si fa
per la “cacio e pepe”.
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