martedì 30 agosto 2022

RAGU’ BOLOGNESE.

 




Questa è la ricetta presa dal documento depositato alla camera di commercio di Bologna.

Ingredienti per 4 porzioni:

·        cartella di manzo 300 g

·        pancetta fresca 150 g macinata due volte

·        carota 50 g

·        costa di sedano 50 g

·        cipolla 50 g

·        salsa di pomodoro 5 cucchiai, ovvero estratto 20 g sciolto bene in pochissima acqua

·        vino bianco1/2 bicchiere

·        200 g di latte intero.

Preparazione

Si scioglie nel tegame la pancetta tagliata a dadini molto piccoli, eventualmente tritata con la mezzaluna. A questo punto si aggiunge il soffritto tagliato molto piccolo, il sale, poca acqua e si cuoce a fuoco medio, con il coperchio, mescolando spesso. Quando la verdura si è completamente ammorbidita e l'acqua completamente evaporata (20-30 minuti), è pronta e si può aggiungere alla carne di manzo che avremo rosolato a parte.

Per rosolare la cartella la si mette in una casseruola antiaderente e la si cuoce a fuoco alto finché non ha rilasciato tutto il liquido e questo non è completamente evaporato. Solo allora inizia la rosolatura vera e propria, bisogna continuare a mescolare a fuoco medio-alto, finché la carne non è ben rosolata: questo si avverte perché diventa più scura e sprigiona il tipico profumo della carne arrostita, dell'hamburger cotto in padella. Quando si inizia a vedere che la carne tende ad attaccarsi ed è diventata piuttosto asciutta, si può unire il soffritto e iniziare la vera e propria cottura del ragù bolognese; si mette il 1/2 bicchiere di vino e il pomodoro allungato con un poco di brodo, si lascia sobbollire per circa 2 ore a fuico minimo, aggiungendo volta a volta il latte, e aggiustando di sale e poco pepe nero tellicherry macinato.

Facoltativa ma consigliabile l'aggiunta a cottura ultimata di poca panna da cucina.

 

Conservare il ragù bolognese

Il ragù appena pronto va fatto raffreddare nel minor tempo possibile, per farlo basta mettere la casseruola a bagnomaria in acqua fredda. Una volta raggiunta la temperatura ambiente, si porziona in sacchetti per il congelatore e si congela (la durata in questo caso è di 3-4 mesi), oppure si conserva in frigorifero per 6-8 giorni (fino a 10-12 se viene messo subito sottovuoto).

Se non si effettua il raffreddamento veloce la durata è limitata a 4-5 giorni, poi tende ad inacidire.

Con questa ricetta si prepara il ragù bolognese allo stato dell’arte e si condiscono le tagliatelle di pasta fresca, oppure secca all’uovo. Purtroppo la dicitura “spaghetti alla bolognese” viene spesso e comunemente usata, ma nessun bolognese si sognerebbe di condire con il ragù gli spaghetti. Parola di chef di casa di ogni giorno (me medesimo ).

 

 

 

lunedì 29 agosto 2022

Pomodorini confit.





Con il termine "confit" (dal francese confire, ovvero preservare) si intende una tecnica di cottura, tipica di frutta e verdure, che consiste nell'essiccare l'ingrediente, eliminando, attraverso una cottura lenta e prolungata, che in genere avviene in forno, tutta l'acqua di vegetazione. Normalmente per questa ricetta vengono adoperati i pomodorini (anche se è comunque possibile utilizzare i pomodori grandi tagliati a pezzi o i datterini); questi ultimi vengono tagliati a metà e posti su una teglia con la parte tagliata rivolta verso l'alto. I pomodorini vengono insaporiti prima di cuocerli con poco zucchero, sale ed eventualmente degli aromi e successivamente irrorati con un filo d'olio.

Per accelerare la cottura in forno conviene asportare con un coltello la parte interna dei pomodorini, (bianca o gialla), tutti i semi e la parte liquida. Porli in una teglia sopra la carta forno e cuocere in forno ventilato preriscaldato intorno a 130° per circa un’ora o molto più. Porre attenzione a non seccarli troppo, vanno bene quando appaiono ben asciutti.

A questo punto si possono conservare per diversi mesi pressati leggermente dentro un vasetto di vetro con tappo ermetico o metallico a vite, assieme ad aglio, origano, eventualmente peperoncino e coperti d’olio evo.

Dopo tolti dal forno si possono frullare per condirci la pasta.

I pomodorini confit aggiunti in abbondanza al pesto di basilico fresco (sostituire ¼ di parmigiano con pecorino) lo rendono eccellente, davvero insuperabile. Per completare si possono aggiungere pinoli poco tostati.

La pasta al pesto genovese, oppure al pesto di pomodorini confit, si può migliorare aggiungendo gamberi appena saltati in padella, oppure granella di pistacchi di Bronte, o ancora melanzana fritta a tocchetti e persino acciughe salate sott’olio. Dove c’è fantasia c’è buona cucina.

CAPONATA DI MELANZANE alla palermitana.

 





La caponata di melanzane è un piatto povero della cucina popolare siciliana che utilizza i prodotti della terra in modo unico. Melanzane, o altri ortaggi a seconda delle versioni, vengono prima fritti e poi conditi con una salsa agrodolce di pomodoro, sedano, cipolla, olive e capperi. Sono ingredienti facili da reperire e a buon mercato. La preparazione è alla portata di tutti, basta seguire alla lettera il procedimento giusto! Sì, ma quale? La caponata non è solamente un delizioso piatto dall’impiego flessibile, lo puoi servire come antipasto, come contorno, o come piatto unico, ma è anche oggetto di accese discussioni gastronomiche.

Noi siciliani siamo gente piuttosto impegnativa: pensa alla caponata, un piatto unico che è una mescolanza di mille sapori. Non è significativo?

L’argomento ricetta originale della caponata è certamente spinoso e non facile da dirimere. In Sicilia, ogni massaia, chef, o appassionato di cucina che sia, predilige cotture più o meno croccanti, tagli degli ortaggi più o meno grandi, per non parlare degli ingredienti che la costituiscono. Credimi, non è cosa semplice!

Varianti della caponata di melanzane.

In Sicilia, di questa specialità esistono oltre quaranta varianti. Di provincia in provincia, ma anche di famiglia in famiglia, ognuno detiene la “ricetta perfetta per la caponata”.

In alcune versioni sono impiegati, oltre alle melanzane o in alternativa ad esse, anche peperoni, come d’uso nel catanese. Esiste perfino una caponata di carciofi. Altre ancora sono guarnite con mandorle pinoli tostati. Tutte però sono accomunate dall’inconfondibile sapore della salsa agrodolce.

Origini del piatto.

Sull’origine del piatto la storia non concede molte informazioni. Le prime notizie scritte risalgono al 1752 e compaiono nel vocabolario Etimologicum Siculum, stampato a Messina. In esso la caponata è indicata come “insalata di cose varie”. Tra “le cose varie” vi era originariamente del pesce e una salsa agrodolce. Come sostiene lo scrittore e storico esperto di cultura e cucina siciliana, Gaetano Basile, la salsa agrodolce giunse nelle tavole siciliane dalla lontana Persia, grazie ai musulmani.

Gli ortaggi nella ricetta fanno la loro comparsa nella descrizione che fa il Professore Vincenzo Mortillaro nel suo dizionario del 1868. Egli descrive la caponata come “insalata di cose varie” dove, oltre al pesce, ci sono pure melanzane peperonicapperi olive.

Perché si chiama caponata?

Secondo alcuni studiosi, la salsa agrodolce che caratterizza il piatto, era adoperata dai marinai per insaporire una galletta che mangiavano arricchendola con un’insalata di verdure cotte e pesce, e che definivano cappone di galera.

Sempre secondo lo studioso di cucina siciliana Gaetano Basile, la ricetta più antica della caponata prevedeva: gallette da marinaio, capperi sotto sale, olive verdi, acciughe salate, filetti di tonno sotto sale, olio d’oliva, aceto di vino bianco, un po’ di miele e sale. Altri, invece, sostengono che il nome derivi dalla cucina dei Monsù, poiché la salsa agrodolce veniva da loro usata per la conservazione a breve termine di cacciaggione da piuma e di capponi. Alimenti destinati alle mense di nobili e aristocratici. Da qui sembra derivare il nome “capponata”, che si ridusse per i poveri a semplice caponata, questa preparata con tocchetti di melanzane fritte al posto della pregiata cacciagione.

La salsa agrodolce, inoltre, ritenuta dai Monsù perfetta per “mettere assieme” (appareiller) cose diverse tra loro, divenne poi il famoso “apparecchio”, un condimento utilizzato a freddo su pesce e ortaggi fritti ancora oggi. Nella cucina siciliana, numerose sono infatti le preparazioni dove pesce e carni bianche (pollo e coniglio), sono conditi con la salsa della caponata.

L’ipotesi più diffusa sul nome, che personalmente reputo la più plausibile, è quella secondo la quale il nome caponata deriva dal termine “capone”, nome dialettale della lampuga. Un pesce che, tagliato in pezzi e fritto, viene solitamente condito con salse agrodolci per rendere le sue carni meno stoppose e più appetitose, oppure ricoperto di cipolla in agrodolce. Niente a che fare con la cucina aristocratica, spesso indicata da più parti. Pare che chi non avesse nemmeno la possibilità di procurarsi questo pesce, tra l’altro già poco costoso di suo, impiegasse delle più economiche melanzane come ottimo sostituto.

Ma veniamo alla ricetta classica della caponata di melanzane palermitana.

Quella che ti propongo è la ricetta della caponata di melanzane nella versione palermitana. Una ricetta che ha almeno 150 anni. Una versione classica, quella più purista perché la più semplice.

Naturalmente è impossibile che ognuno che si appresti ad eseguire una ricetta non apporti delle variazioni in base ai propri gusti e al proprio modo di cucinare, io stesso ho apportato delle modifiche per quanto riguarda la frittura delle melanzane. Preferisco friggere le melanzane in olio d’arachidi perché garantisce una frittura asciutta e croccante. Ciò giova al mantenimento dell’ortaggio che non si spappolerà durante la preparazione.

INGREDIENTI per una dozzina di porzioni

  • 2 Kg melanzane, preferibilmente violetta lunga palermitana
  • 350 g olive verdi, schiacciate in salamoia, nocellara del Belice
  • 130 g capperi sotto sale
  • 100 g zucchero bianco semolato
  • 100 ml aceto di vino bianco
  • 5 cucchiai olio extravergine di olive siciliane biologiche
  • 400 g cipolla bianca
  • 500 g sedano, (peso già pulito)
  • 1000 g passata di pomodoro
  • 600 ml olio di semi di arachidi
  • q.b. sale marino fino

Preparazione degli ingredienti

Lava per bene le melanzane, quindi togli loro il picciolo e la punta inferiore. Elimina solamente una striscia di buccia tagliandola lungo i due lati che vanno da un’estremità all’altra. Il resto della buccia va mantenuta sia per conferire maggiore aroma, ma anche per mantenere maggiore consistenza durante la frittura. Taglia ogni melanzana in due metà longitudinali e quindi ricavane dei cubetti piuttosto grandi da (4-5 cm di lato). Importante che i pezzi siano di uguali dimensioni per avere uniformità di cottura.

Metti i tocchetti di melanzana in un colapasta e cospargili di sale. In questo modo perderanno la loro acqua e quindi il loro naturale sapore amarognolo. Lascia a sgocciolare per 60 minuti.

Intanto che aspetti che le melanzane depongano la loro acqua e si asciughino per bene, puoi preparare il sedano per la cottura. Del sedano va utilizzato solamente la parte più tenera, cioè il cuore. Quindi, elimina le parti esterne e le foglie verdi, il sedano va tagliato a pezzi non troppo piccoli in modo che risultino nel piatto finale ben visibili.

Una volta tagliato a tocchetti, il sedano va sbollentato in acqua leggermente salata. Quando l'acqua bolle immergi dentro il sedano. Spegni dopo un minuto che l'acqua ha ripreso a bollire. Deve ammorbidirsi senza però perdere in fragranza e consistenza. A cottura ultimata, scolalo e lascialo asciugare.

Prima di friggere le melanzane avrai anche il tempo di mettere in acqua i capperi, in modo che possano perdere il sale di conservazione (cambia l’acqua più volte per dissalarli bene), e snocciolare le olive per poi tagliare a pezzetti.

Per la frittura delle melanzane adopero un metodo particolare che gli conferisce un sapore particolare e unico. Si tratta di scaldare l’olio di arachidi in padella aggiungendovi uno spicchio d’aglio in camicia, un peperoncino essiccato e un ciuffo di rosmarino. Quando questi si saranno appassiti l’olio sarà già a temperatura per la frittura delle melanzane. Elimina rosmarino e aglio comincia a friggere le melanzane poche per volta.

Ricorda che devono imbiondire e rimanere piuttosto sode.

Scola per bene le melanzane fritte e mettile da parte ad asciugare senza aggiungere sale.

Taglia la cipolla a piccoli pezzi di eguale dimensione e mettila a stufare con l'olio extravergine d’oliva in un tegame abbastanza capiente a fiamma molto bassa.

Assaggia e aggiusta di sale se occorre, quindi aggiungi l’aceto alla salsa e continua la cottura a fuoco moderato fino a quando l’odore dell’aceto diviene meno intenso.

A cottura ultimata, a fuoco spento, aggiungi lo zucchero poco alla volta e mescolando di continuo per amalgamare bene i sapori. Assaggia per sentire se il gusto agrodolce risulta di tuo gradimento e se occorre aggiungi dell’altro zucchero.

Una volta che la salsa è pronta lasciala intiepidire e con questa condisci le melanzane fritte in precedenza, mescolando il tutto con molta delicatezza.

La caponata di melanzane si mangia a temperatura ambiente, quindi lasciala raffreddare in una terrina prima di servirla. Meglio se riposa per almeno due ore per insaporirsi bene.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sabato 20 agosto 2022

LA CARBONARA A REGOLA D'ARTE

La regina delle ricette romane, semplice e con pochi ingredienti ma che riesce da sempre ad infiammare gli animi oltre che tutti i palati.


Carbonara
, solo il nome ci mette fame, ci fa tornare alla mente le piccole trattorie di Trastevere, quelle con i tavolini sul ciglio della strada, quelle che quando ci passi davanti scorgi graziosi donnine che impastano. Un clima caldo che ti avvolge: c’è sapore di storia nelle vie di Roma, di romanticismo, tutto quello che si racchiude in un perfetto boccone di pasta alla carbonara.

Ma la sua storia qual è?

Si dice che fosse il piatto dei boscaioli del centro Italia che si avventuravano tra le montagne dell’Appennino a fare carbone da legna. In effetti carbone e carbonara, siamo lì. Ma la narrazione più accreditata è quella che deriva dalla leggenda dell’oste romano che con un simpatico estro attribuì al suo piatto il nome del suo vecchio lavoro: il carbonaio. Il risultato fu un primo fatale incontro tra la pasta, guanciale e uova fresche. 

Il guanciale, ovviamente, ingrediente fondamentale. Non fidatevi mai di chi vi propone un’alternativa: un’offesa per i romani. Pancetta e bacon assolutamente da eliminare. All'uso del bacon si concede però un'attenuante storica: sembra sia stato introdotto nei condimenti della pasta dai soldati americani alleati che, impegnati durante la Seconda guerra mondiale sulla linea Reinhard, tra Lazio, Molise e Campania, ebbero l’opportunità di assaggiare e affezionarsi alla tipica pasta “Cacio e ova” abruzzese, cui vollero contribuire con il loro prodotto tipico. "You fare spaghetti”, fu questa la frase fatidica che scatenò questa mescolanza italo americana, dove il loro amato bacon venne inserito dappertutto.



“Scusi un momento, senta un pò, ma lei sa fare gli spaghetti alla carbonara?”. Diceva Aldo Fabrizi nella famosa commedia Cameriera bella presenza offresi…, ma sì che la sapete fare, però magari non sapete bene quale pasta migliore possa far fare faville. Spaghetti e rigatoni sono i più ambiti. Gli spaghetti ovviamente meglio se trafilati al bronzo, poiché è questo che li rende più adatti a trattenere il condimento e quelli prescelti per farla in casa. Però i rigatoni sono considerati un classico, perché il condimento si va a nascondere nelle volte la pasta, donando quel sapore inimitabile.  

Chiariamo subito. Pecorino e non il parmigiano come in tanti fanno. E non uno qualunque: per la carbonara Doc ci vuole il Pecorino Romano Dop.

Ma oltre alla classica quante altre versioni conoscete? 

Con buona pace dei puristi, della carbonara esistono infinite varianti (anche -ahinoi- con la panna mescolata al condimento di uova): la carbonara vegetariana, con piselli e fagiolini o quella con le zucchine. Ah non è finita, perché c'è chi la prepara con il pesce: la carbonara marina, infatti, ha un suo pubblico di intenditori. 

Questione di tecnica

E qui veniamo alla tecnica, tema su cui ha voluto dilungarsi addirittura il New York Times, attribuendo così alla carbonara un'identità a stelle e strisce. Ovviamente la freschezza degli ingredienti è fondamentale. Le uova devono essere a temperatura ambiente e devono subire solamente una cottura rapidissima quando vengono a contatto con la pasta molto calda. La rosolatura del guanciale, invece, non vuole olio o burro poiché provvede già autonomamente a rilasciare il grasso (che va utilizzato), la pasta va fatta passare prima nella padella dove giace il guanciale rosolato (oggi va di moda che sia croccante, ma le mode passano) e solo dopo va unita al misto uova e formaggio. Questo è il passaggio fondamentale, riassunto in un ardito equilibrismo e in un movimento repentino. Si unisce infatti alla pasta il composto di tuorli e formaggio, amalgamando velocemente: la padella ancora tiepida e la pasta calda cuociono leggermente le uova rendendole cremose. Attenzione a non farle coagulare e fargli prendere le sembianze di un uovo strapazzato, altrimenti è fatta.

E il pepe nero?

Nella versione classica non c’è pepe nero. Ma secondo me ha il suo peso, dovrà essere macinato al momento, tostato e aggiunto nella fase finale della preparazione. Esattamente come si fa per la “cacio e pepe”.